CLEOPATRA SI UCCIDE (2015)
Foto in copertina di Luciano Lucci
Prefazione di Alessandro Guardigli
Cleopatra si uccide è una raccolta di brevissime prose liriche e poesie. Si tratta di un genere sempre più raro, e a essere sinceri quasi completamente negletto (dopo i fulgidi, irraggiungibili esempi del Decadentismo francese ottocentesco e del primo Novecento italiano). Sono pochi o nulli gli antecedenti letterari nelle pubblicazioni italiane più recenti, e d’altra parte il giovane autore non pare particolarmente interessato a cercare maestri, padri o fratelli letterari. Ostenta un’indifferenza levantina verso il noir tinto di sfumature sociali o il romanzo di formazione sentimentale, insomma verso tutti i generi calcati con successo e candore dai suoi coetanei. Piuttosto, il suo sforzo è provocatoriamente, coerentemente iconoclasta: è quello di un esordiente che cerca con sfrontatezza e furore il letterario e il sublime in un mondo (soprattutto provinciale) tutto dominato dal più bieco e ferreo dogma del possedere e dell’apparire, e ne registra l’assenza con tinte ora ironiche ora disperatamente romantiche. Salomè in una discoteca di provincia, le invettive dello spostato alla casa dei pazzi che conduce a Bollate. I brividi notturni accanto a un corpo di fanciulla e la divertita incomprensione di uno studente di economia verso l’arte contemporanea: questa è la materia incandescente, comica e tragica di cui è composta questa raccolta. Nella quale sacrosantamente e sinceramente l’autore ci dice che a Sartre preferisce Camus, omaggiando Cesare Pavese e Carmelo Bene e i miti del maledettismo estetizzante; e nel corso di peregrinazioni tra locali, vernissage, letti e baracchini cerca disperatamente quello che non trova e non può trovare, un barlume di luccicanza in un mondo in cui a Pasolini si preferisce Platinette: restituendoci in cambio la sua oltraggiata, beffarda, disperata vitalità di ragazzo.